Studio EMPA-REG OUTCOME: Empagliflozin, un inibitore SGLT2, riduce il rischio cardiovascolare nei pazienti diabetici ad alto rischio


Le malattie cardiovascolari sono la principale causa di mortalità nei pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2.
La riduzione del rischio cardiovascolare è, pertanto, un obiettivo fondamentale della gestione di tali pazienti.

Sono stati pubblicati sul The New England Journal of Medicine i risultati di uno studio di esito cardiovascolare in cui il trattamento con Empagliflozin ( Jardiance ) ha dimostrato di esplicare una significativa azione protettiva, riducendo il rischio cardiovascolare.

Empagliflozin è un inibitore reversibile, competitivo e altamente selettivo del co-trasportatore sodio-glucosio 2 ( SGLT2 ), in monosomministrazione orale giornaliera, approvato per il trattamento di adulti con diabete mellito di tipo 2.
L’azione ipoglicemizzante di Empagliflozin è prodotta mediante l’inibizione del riassorbimento renale del glucosio con conseguente eliminazione nelle urine.
L’inibizione del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 agisce indipendentemente dalla funzionalità delle cellule beta pancreatiche e dalle vie dell’insulina.
La glicosuria osservata con Empagliflozin causa una perdita di calorie ed è accompagnata da lieve diuresi, che può determinare una riduzione moderata e sostenuta della pressione arteriosa.

I risultati dello studio clinico EMPA-REG OUTCOME hanno dimostrato l’efficacia di Empagliflozin, in aggiunta alla terapia standard, nella riduzione del rischio cardiovascolare.

Lo studio, randomizzato in doppio cieco, e controllato con placebo, è stato condotto su 7020 pazienti con diabete mellito di tipo 2.
L'obiettivo era di esaminare gli effetti a lungo termine di Empagliflozin ( 10 mg o 25 mg una volta/die ), in aggiunta alla terapia standard, sulla morbilità e mortalità cardiovascolare nei pazienti con diabete mellito di tipo 2 a elevato rischio di eventi cardiovascolari.

La popolazione dello studio EMPA-REG era per il 70% di sesso maschile; l’età media dei partecipanti era di 63 anni, e il loro indice di massa corporea ( BMI ) di circa 30.
L’emoglobina glicata ( HbA1c ) all’inizio dello studio era pari a circa l'8%.
Metà dei pazienti aveva una durata di diabete mellito superiore a 10 anni. La pressione era discretamente controllata ( in media 135/76 mmHg ) e il filtrato glomerulare medio era di circa 74 ml/min ( il 25% della popolazione aveva una velocità di filtrazione glomerulare stimata [ eGFR ] inferiore a 60 ml/min ).
Metà dei partecipanti aveva una storia di infarto miocardico e il 10% presentava scompenso cardiaco.

Endpoint primario dello studio era un composito di tre MACE: mortalità cardiovascolare, infarto del miocardio non-fatale, ictus non-fatale).

Al termine dello studio, nel gruppo trattato con Empagliflozin, l'endpoint primario è risultato ridotto del 14% ( p=0.0382 ) rispetto al gruppo di controllo.

L’incidenza cumulativa di mortalità cardiovascolare, nel gruppo trattato con Empagliflozin è risultata ridotta del 38% ( p inferiore a 0.0001 ).

Le ospedalizzazioni per insufficienza cardiaca, nel gruppo trattato con Empagliflozin sono risultate ridotte del 35% ( p=0.0017 ).

La mortalità per qualsiasi causa è stata ridotta del 32% ( p=0.0001 ) nei pazienti trattati con Empagliflozin.

Non sono state invece rilevate differenze statisticamente significative nelle altre due componenti dell’endpoint primario: l’hazrd ratio per l’infarto miocardico non-fatale è stato pari a 0.87 ( p=0.2189 ), mentre quello per l’ictus non-fatale è stato pari a 1.24 ( p=0.1638 ).

Il profilo di sicurezza complessivo di Empagliflozin è stato in linea con quello riscontrato in studi precedenti.
In questa popolazione di pazienti con diabete di tipo 2 a elevato rischio cardiovascolare, non sono stati riscontrati effetti indesiderati gravi.
Sono state osservate: infezioni genitali, soprattutto da miceti ( presentate da 1 paziente su 20 ), più frequenti tra le donne.
Non è stato riscontrato un aumento delle infezioni delle vie urinarie.
L’incidenza di chetoacidosi diabetica è stata pari o inferiore allo 0.1% e simile in tutti i gruppi in trattamento. ( Xagena_2015 )

Fonte: The New England Journal of Medicine ( NEJM ), 2015

Xagena_Medicina_2015